La vegetazione spontanea

Il miglior parametro che permette di studiare, in termini realistici, il clima di un certo territorio è senza dubbio lo sviluppo della vegetazione spontanea. Se gli impianti agricoli ed il verde di parchi e giardini godono della cura dell’uomo che studia la loro collocazione e che sa temperare, almeno in parte, le impreviste “offese” climatiche, le erbe, gli arbusti e le piante che crescono spontaneamente sono indice, invece, di adattamento naturale, sono testimonianze bioclimatiche di estremo valore, che possono variare, nella loro tipologia, anche entro brevi distanze.

gigliorosso mughi pratisangio valeriana

Ebbene, il territorio del comune di Arco offre una sorpendente varietà di ambienti naturali, grandi tessere di un puzzle, caratterizzate ognuna da specie vegetazionali che si compenetrano lungo confini non rigidamente definiti.

Si offriranno qui solo alcuni cenni sulle specie più diffuse, sottolineando soprattutto l’aspetto della “stratificazione” della flora in ambiti territoriali ristretti.

Nel fondovalle, la campagna con le varie coltivazioni lascia poco spazio al verde spontaneo, ma lungo i margini dei campi, sui bordi dei canali, lungo i muretti non è infrequente imbattersi in siepi di rovo delle more, nella pianta perenne dell’assenzio, nell’erba cipressina, in ciuffi di malva.

Ma è forse la collina l’ambiente che offre una più vasta gamma di “occasioni” vegetali spontanee. Lungo i pendii soleggiati troviamo le ginestre; sottili nei loro steli eppure così resistenti, esse inondano l’aria con il profumo dolce dei loro fiori gialli. L’albero di Giuda risalta nella boscaglia per la vistosa fioritura rosso-violacea. Nelle fratture delle rocce, abbarbicati alle ripide pareti come tanti freeclimbers, crescono i lecci. Essi sono, accanto all’olivo, il simbolo della mediterraneità del Basso Sarca; e si ritrovano ad altitudini incredibili, disseminati entro habitat per loro comunemente inospitali. Lungo il fianco del M. Stivo si ritrovano lecci alla quota di m. 1.300. E quando il leccio crea, sui pendii e nei pianori, una fitta boscaglia, fa la sua comparsa il pungitopo, una specie protetta dalla legge provinciale.

Non si possono dimenticare la menta, la ruta, la lavanda e il rosmarino; le ultime due coltivate e poi inselvatichite nei luoghi più propizi. Un po’ ovunque, ai margini delle strade, lungo i ghiaioni calcarei, si ritrova la valeriana rossa dalle infiorescenze a corimbi. E così è diffuso anche lo scotano, un arbusto dalle larghe foglie ovoidali che in autunno assumono tonalità rosse ed arancio stupende. Fino al secolo scorso esse venivano usate per la concia delle pelli.

Salendo lungo i dossi incontriamo pini neri, melograni selvatici, frassini, allori, roverelle, ornielli, carpini neri; tutte piante che allignano su terreni ostili e che esse stesse sanno migliorare con un crescente apporto di humus.

Se si sale oltre si entra nel regno del nocciolo, del maggiociondolo e del castagno. Seguono poi le faggete, gli abeti rossi, i larici ed infine i mughi. Nei prati, fra i tanti fiori, si segnalano l’aquilegia, il giglio rosso,la genziana, il veratro, la negritella.

Attorno alla vetta dello Stivo crescono i rododendri e le stelle alpine.

Tutte queste piante, questi arbusti, queste erbe si sviluppano secondo ritmi naturali, protette da particolari condizioni ambientali. A noi tutti spetta il compito di rispettarle e di favorirne la propagazione, ma il primo passo da compiere sarà quello di accorgersi di loro!