L’ambiente di Prabi offre, per chi ama lo sport, la natura e l’arte, svariate occasione per approndire i propri interessi. Una di queste è il percorso vita realizzato qualche anno fa ai piedi delle pareti rocciose del M. Collodri.
Il sentiero inizia nei pressi della piscina e del campeggio di Arco. Un grande masso porta scolpiti dei versi di Nicolò d’Arco tradotti dall’arcense Beppino Zoppirolli:
“Guarda la franta pace
di questi sassi immani,
salma di monti lontani
che qua e là si giace.
Ormai non ti stupire
se a morte il tuo corpo s’abbatta,
ogni cosa è disfatta
del tempo nelle spire”.
Poco più avanti vi è la baita realizzata dal gruppo A.N.A. di Arco ed accanto, ai piedi di un olivo, un originale monumento realizzato con reperti di guerra. Più sopra possiamo leggere altri versi, questa volta dedicati al Signore perchè protegga lo scalatore nelle sue salite. Sono stati scritti dall’arcense Marino Feltrinelli. A fianco è stato ricavato, sfruttando una cavità naturale, il “coel dell’alpin”; è chiuso da una porta antica a più catenacci. Fuori fanno bella mostra di sè un lavatoio in pietra rossa ed un “tinel” in pietra, usato un tempo per conservare l’olio.
Il paesaggio è estremamente suggestivo; il sentiero sale sinuoso fra i sassi. Grandi massi costituiscono di per sè delle palestre di roccia in miniatura e su alcuni di loro sono state tracciate delle brevi quanto impegnative vie per l’arrampicata libera. Gli ailanti ed i frassini sono i padroni di questo angolo di natura. Qualche arbusto cresce fra le spaccature della roccia, vittoria sorprendente di un seme sull’aridità della pietra. I grandi massi portano striature dovute al carsismo; sembra quasi che le dita di un gigante li abbiano percorsi mentre ancora erano informi.
A fianco del sentiero sono state collocate attrezzature che permettono di compiere semplici esercizi ginnici. Il sentiero diventa poi pianeggiante. È il momento per osservare le pareti strapiombanti del M. Collodri. Il fondo grigio è chiazzato di bianco e di marrone, e punteggiato qua e là dal verde scuro dei lecci. Una grande tavolozza che, soprattutto nelle ore del mattino, affascina chiunque si soffermi ad osservarla.
Alle pendici del monte si ergono le punte aguzze di molti cipressi. Sono stati messi a dimora per volontà di Gianni Caproni, nell’ambito dei rimboschimenti operati dal pioniere dell’aeronautica. Lo sguardo può spaziare su buona parte dell’Oltresarca. Sullo sfondo, guardando verso Sud, si staglia la rupe del Castello, con le torri Renghera e di Làghel.
Il sentiero passa accanto allo splendido parco di Villa Aldrighetti e scende fino ad un pianoro cintato, con dentro alcune piante di olivo ed un monumento. A questi alberi vennero impiccati il 22 settembre 1918 quattro legionari cecoslovacchi che avevano disertato dall’esercito austriaco per combattere a fianco delle truppe italiane nelle trincee del Monte Baldo, allo scopo di ottenere la liberazione della propria patria, suddita dell’impero asburgico.
Il sentiero diventa stradina e termina nei pressi della chiesa di S. Apollinare, la chiesa-gioiello di cui si è trattato nella parte storico-artistica di questa guida.