È stato scritto, nel compiere un breve excursus della storia di Arco, che il motore dello sviluppo della città negli ultimi decenni dell’800 fu l’arciduca Alberto d’Asburgo. Egli aveva scelto Arco come sua residenza invernale; aveva voluto edificare una splendida villa ed attorno ad essa aveva realizzato un magnifico parco, esteso per circa cinque ettari. Vicende diverse hanno portato ad un ridimensionamento di tale spazio verde.
Ciò che ora noi chiamiamo Parco Arciducale è circa un quinto di quello esistente un tempo. Dopo decenni di abbandono, nel 1964, l’Azienda di Cura e Soggiorno di Arco diede incarico al professor Walter Larcher dell’Università di Innsbruck di dare al parco la struttura di Arboretum.
Lo studioso austriaco progettò la realizzazione di una viva raccolta di alberi ed arbusti, caratteristici dell’areale mediterraneo e di altri continenti, ottenendo così dei “paesaggi vegetali in miniatura”.
Ora il Parco è divenuto Sezione Staccata del Museo Tridentino di Scienze Naturali, ente che ne ha curato recentemente la riqualificazione.
L’ingresso all’Arboreto è in via Fossa Grande, la strada che porta al Castello e verso Làghel. All’entrata vi sono degli splendidi lecci; sulla destra un pollone cresciuto alla base di un Cupressus macrocarpa va a saldarsi con un ramo della stessa pianta. Una gradinata scende verso una grande spazio d’ombra con cipressi della California e mediterranei; lungo la recinzione a Nord si sta sviluppando un’impenetrabile selva di bambù. Il gazebo, splendido balcone sulla valle, ci riporta indietro nel tempo. Un viale segnato da alte palme della Cina attraversa da Nord verso Sud il parco; il pendio che dolcemente scende da Ovest presenta varietà diverse di yucca, di agavi e di palme; su tutto spicca una magnifica araucaria.
Ad Est, invece, una distesa erbosa con varietà diverse di pini mediterranei, accompagna il cammino fra le palme; il più riconoscibile è il pino d’Aleppo con l’alta chioma ad ombrello. Più oltre vi è un rigoglioso gruppo di palme della Cina, arricchito recentemente di altre varietà.
Altre piante sono disseminate lungo il percorso, tutte specie tipicamente mediterranee: il corbezzolo, l’alloro, il mirto, il tasso dalle bacche rosse, il viburno, il carrubo, il bosso, il lauro ceraso, la magnolia.
Vi è poi un piccolo stagno con piante di ninfee e di calle; ai suoi margini si alza imponente un cipresso di Lawson, con il suo singolare tronco multiplo “a candelabro”. In un angolo del grande prato sta crescendo una robusta sequoia; più in là sono stati messi a dimora anche degli alberi che un tempo erano ben presenti in tutti gli orti della valle: il nespolo, il gelso, il noce, il ciliegio, il castagno ed altre specie ancora. Sono i “cugini poveri” delle varietà presenti nel parco eppure così radicati nella tradizione agricola e nell’ambiente del Basso Sarca. Le ginestre e la passiflora ingentiliscono il pendio che sale verso Ovest.
Si procede in mezzo a cespugli di pungitopo e di rosmarino, circondati da alberi di alloro e di corbezzolo, verso il gigante del parco: la maestosa Sequoia sempervirens. La sua chioma si erge verso il cielo e s’abbina perfettamente con la torre merlata del Castello, che si scorge in lontananza. Accanto vi sono due grandi alberi di canfora; basterà strofinare una foglia caduta per sentire il caratteristico profumo dell’olio che si ricava dalla pianta officinale. Lungo il pendio vicino sono stati messi a dimora degli eucalipti dell’Australia. Nelle nicchie della muraglia baciata dal sole è stata realizzata una splendida limonaia con diverse varietà di agrumi: l’arancio amaro, il limone, il pompelmo, il mandarino. Accanto ad essi una rigogliosissima pianta di avocado. Nella stessa area è presente l’Asimina triloba, chiamata anche pau-pau. Oltre questa zona del parco, lungo un ripido pendio, svettano slanciati numerosi cipressi che affondano le loro radici proteggendo quel terreno dal dilavamento; sembrano tante sentinelle intente ad assicurare al Parco rispetto ed ammirazione.