La pianura che si distende lungo il corso del fiume Sarca e poi si apre fino a morire sulle rive del lago di Garda è coltivata in modo ordinato e razionale. La coltura più diffusa è quella della vite.
«Ea sunt vina qua inter Rhaetica primum locum tenent» scriveva lo storico Ambrogio Franco nel XVII secolo. Le viti, anticamente, venivano consociate al gelso, all’olmo, oppure erano sostenute singolarmente con un palo. Solo più tardi si ricorse alla potatura a pergola. Pali di castagno, a cui erano fissate traversine in legno di larice, costituivano la struttura portante. I pergolati erano distanti fra loro anche 7-8 metri; negli spazi intermedi, e fin sotto le viti, si coltivavano il mais, le patate, i fagioli ed altro. Spesso le stesse colonne di sostegno erano costituite da alberi di prugno. A partire dagli anni sessanta una ventata di razionalizzazione percorse le campagne del Basso Sarca. I nuovi impianti videro i filari più ravvicinati fra di loro (circa 5 metri di distanza), ai pali di castagno si sostituirono le colonne in cemento, fu eliminata la consociazione con altre colture, vennero introdotte varietà di uve pregiate (Merlot, Chardonnay, Cabernet, Moscato ecc.). Inoltre si è provveduto ad organizzare, rendendola più capillare e funzionale, la rete irrigua sul territorio. Ora i vigneti del Basso Sarca fanno bella mostra di sè e sono un elemento caratterizzante del paesaggio agricolo locale.
Accanto ai vigneti troviamo sempre più ampi frutteti. Questa scelta agricola ha fatto la sua comparsa nel Basso Sarca alla fine degli anni Cinquanta. Si sono cominciati a coltivare i meli e poi i kiwi; alle piante di susine, un tempo disseminate nei campi, sono stati dedicati spazi particolari. Anche questo tipo di coltura è andato via via specializzandosi, soprattutto seguendo le scelte di mercato e quindi provvedendo ai necessari reimpianti. Il prodotto locale viene, in massima parte, conferito al magazzino della Cooperativa Contadini del Basso Sarca a Dro.
Lo spazio agricolo nel fondovalle, sebbene ridotto rispetto alla situazione di 30-40 anni fa, riserva ancora angoli suggestivi e soprattutto itinerari percorribili a piedi e in bicicletta, dove è possibile gustare il silenzio ritemprante della campagna. Nel Basso Sarca è presente infatti una vasta rete di strade interpoderali; a fianco di alcune scorrono ancora gli antichi canali d’irrigazione, localmente chiamati “fitte”.
Il paesaggio cambia quando ci si immerge nell’olivaia. Questo ambiente ha una propria architettura, dove l’intercalare dei muretti a secco che reggono e delimitano terrazzi più o meno ampi crea una sorta di armonia incredibilmente unica. Il paesaggio dell’olivaia sa sempre di sole, non opprime, ma si apre sulla valle in mille prospettive, mai uguali a se stesse. Gli olivi sono una coltura antica e i loro tronchi contorti sono monumenti che sanno di sofferenza e di gioia di vivere, al tempo stesso. Gli incavi che si possono notare sulle piante più vecchie sono dovuti al lavoro dell’uomo che ha tolto il marciume dovuto alla “carie” del legno, provocata da un fungo del tipo Polyporus. In altri casi si possono notare due o più polloni (che diventeranno poi dei tronchi) svilupparsi da un medesimo ceppo. Infatti, quando l’antico tronco “muore” per cause diverse (gelo o malattia) lo si taglia; dalle radici si sviluppano ben presto molti germogli; se ne conservano solo alcuni che si trasformeranno in forti polloni.
L’olivaia è raggiungibile tramite strade e sentieri. Negli ultimi anni si è favorita la realizzazione di stradine, ovviamente destinate ai soli mezzi agricoli; questo per permettere una maggior cura, sia nella concimazione che nei trattamenti anticrittogamici. Un’ultima caratteristica va segnalata: l’olivaia di Arco è diffusa per buona parte su terreno comunale. Il contadino è proprietario (o affittuario) della pianta e non del suolo. Come segno distintivo i contadini appongono sui tronchi degli alberi delle sigle con colori diversi.
Le olive si raccolgono a partire da novembre (“da S. Martin posta el scalin”). I contadini si servono di lunghe scale a pioli (in legno o in ferro) che piantano a terra e appoggiano ai rami assicurandole con una cordicella. Tutt’intorno all’olivo si stendono ampi teli di iuta per raccogliere le olive che vengono fatte cadere passando i rametti con una sorta di pettine. Un tempo i contadini preferivano far cadere le olive entro una piccola cesta che tenevano appesa alla cintura. L’uso della pertica di bambù viene limitato alle parti meno accessibili della pianta in quanto dannoso per i rametti più teneri.
Le olive, conservate in luogo fresco ed asciutto per impedire il diffondersi di muffe, vengono poi portate al torchio per la molitura. L’olio extravergine prodotto localmente è ricco di vitamina E, facilita la diminuzione del colestorolo nel sangue; a digiuno ha funzione lassativa ed è benefico per i disturbi cardiocircolatori.
Possiamo infine parlare di coltivazione del bosco. Anche se nel Basso Sarca non esistono tradizioni secolari radicate come in altre vallate trentine, da qualche decennio si è prestata comunque maggior attenzione alla silvicoltura. Si sono fatti massici rimboschimenti (il primo a compierli fu Gianni Caproni, pioniere dell’aeronautica), si sono tracciate strade tagliafuoco, si è fatto pulizia del sottobosco infestante. E così anche i boschi sui monti di Arco hanno assunto un loro fascino, ed inoltre producono ogni anno quintali di ottima legna da ardere e da costruzione.
All’interno dei boschi, ad un’altitudine che varia fra i 400 e gli 800 metri, s’incontrano gigantesche piante di castagno; soprattutto nella zona di Pianaura, Troiana e Carobbi esse caratterizzano il bosco con la loro chioma maestosa.