Percorrendo la via Capitelli (la Via delle Ville, durante il Kurort), si arriva a Chiarano, la prima delle frazioni che compongono, ormai quasi senza soluzione di continuità urbanistica, il “trittico” del romarzollese. Chiarano, come Vigne e Varignano, è adagiata ai piedi dell’olivaia che chiude a Nord-Ovest la valle; più sopra incombono i liscioni con le antiche cave in pietra del M.Baone.
Lungo la strada provinciale delle Grazie si incontra la chiesa di S. Marcello (XVI secolo); sulla facciata sud un grande affresco raffigura S. Cristoforo. All’interno l’altare principale, opera seicentesca, precede la grande pala dipinta dall’Aldi (1895).
Il paese è un intrico suggestivo di vie, vicoli, cortili, portici ed orti. Il nucleo centrale della parte alta del paese è la piazzetta con il lavatoio e l’antica chiesa di S. Antonio. Sulla facciata meridionale vi è un pregevole affresco (datato 28-3-1481), recentemente restaurato. Nel riquadro sulla sinistra (quasi un’ancona d’altare) la Madonna adora il Bambino Gesù, con ai lati due santi; la figura di vescovo potrebbe rappresentare S. Agostino. Segue al centro, in alto, una lunga scritta che termina con il ricordo di un’ indulgenza e la data 28 marzo 1481. Sotto la scritta è raffigurato il Cristo che esce dal sepolcro con attorno i simboli della Passione; ai suoi lati S. Bernardo e S. Bernardino. Sotto ancora ci sono tre figure di santi; l’immagine sulla destra rappresenta senza dubbio S. Rocco. Staccata da queste scene e figure, oltre la porta laterale in pietra grigia, vi è la grande figura di S. Cristoforo che reca sulle spalle il Bambino Gesù.
Fra i due affreschi si intuisce la presenza di un affresco più antico, anch’esso riportante una scritta.
L’interno della chiesa è a tre campate, con avvolto a crociera. Sul soffitto del presbiterio sono raffigurati i quattro evangelisti con accanto gli animali che li simbolizzano. L’altare ligneo contiene una tela con S. Fabiano papa e S. Agostino, vescovo di Ippona, mentre la statua di S. Antonio abate occupa la posizione centrale. Sulla parete Nord vi è una scritta che ricorda due benefici alla chiesa e alla vicinia di Chiarano. Su lato opposto vi è il ricordo di un intervento di salvaguardia della chiesa ad opera di soldati austriaci nel 1917; i nomi di due di loro sono scritti all’interno dello sperello che chiude un piccolo armadio a muro, nella sacrestia. I motivi floreali che abbelliscono l’arco santo ricordano quelli presenti nella chiesa di S. Rocco. Gli affreschi quindi potrebbero risalire alla seconda metà del Quattrocento. Alla base dell’arco sono, una opposta all’altra, due figure di santi, probabilmente S. Rocco e S.Ber- nardino. Nella parte centrale della chiesa erano dipinte scene della vita di un santo monaco o eremita; solo un lacerto però è stato conservato, altri dettagli sono appena percepibili. Alla base del secondo arco è la figura di S. Paolo con la grande spada ed il libro. Il pavimento è in parte di quadrelli in cotto, in parte di pietre di diverse dimensioni.
La porta principale è in pietra locale con il simbolo di S. Bernardino sull’architrave.
La chiesa è solitamente chiusa; per visitarla occorrerà contattare il parroco di Chiarano.
Poco distante da Chiarano è Vigne. A metà della strada che, a monte, collega i due paesi vi è Villa Angerer (ex Sanaclero) con il grande parco ricco di varietà arboree esotiche. Nel paese l’asse viaria principale porta alla chiesa di S. Giacomo Maggiore, ricostruita nel 1900 sull’antica chiesa cinquecentesca. Il campanile venne edificato tra il 1792 ed il 1797; così dice la scritta ´tra la Franc(i)a e l’Impero” che corre sulla cornice sotto la cupola. All’interno l’altare principale è settecentesco con la statua in stucco di S. Giacomo. Le tele ai lati del presbiterio sono opera del pittore Roberto Iras Baldessari (1947).
Alla piazza fanno cornice tipiche case con i ballatoi in legno; ad Est l’immancabile lavatoio.
A Varignano la chiesa di S. Michele ci accoglie con il suo campanile a cuspide conica e doppio ordine di bifore romaniche. Le prime notizie storiche di questa chiesa risalgono al 1386. Recenti lavori di restauro hanno messo in luce parti dell’antica chiesa. Le pale degli altari risalgono al XVII secolo.
Anche in questo paese strade e vicoli si intersecano e riservano scorci d’antico. Da Varignano si diparte la strada per S. Giovanni al Monte. Poco sopra è Padaro, piccola frazione dalle frequentazioni antichissime; qui sono state ritrovate infatti monete di epoca romana. Nella chiesa di S. Tommaso, nominata negli Atti Visitali del 1537, è presente una tela di Giuseppe Craffonara (Madonna addolorata con il Redentore).
Isolato dai paesi del romarzollese si trova il Santuario della Madonna delle Grazie. Fu il conte Francesco d’Arco che nel 1478 ne decise la edificazione; nel suo testamento impose ai figli Andrea ed Odorico di portare a termine l’opera da lui iniziata. Il convento venne portato a termine nel 1482 e dieci anni dopo fu ultimata la chiesa; il luogo di culto fu affidato ai frati Riformati (francescani).
Nel 1508 nel refettorio del convento fu sottoscritta una tregua triennale dalla guerra (poi non rispettata) tra l’imperatore Massimiliano d’Asburgo, re Luigi XII di Francia e la Repubblica di Venezia. Al tavolo delle trattative sedettero quattro inviati imperiali guidati dal Principe Vescovo di Trento Giorgio di Neidek, due rappresentanti del re di Francia e l’inviato della Serenissima.
Durante l’invasione napoleonica il convento venne requisito ed i frati furono obbligati a disperdersi. Gli abitanti di Varignano misero in salvo la statua della Madonna delle Grazie, che ancor oggi si venera, ed una grande pala d’altare, opera di Domenico Morone e di suo figlio Francesco. Nel 1823 la statua venne restituita ai frati che nel frattempo avevano riaperto il convento; la pala dei Morone invece fu venduta.
L’attuale chiesa risale al 1857 ed è stata eretta, su progetto dell’architetto Antonio Conci di Trento, nel luogo dove si trovava quella antica. Altari e pale vennero trasferiti nella nuova chiesa. L’altare principale, in stile barocco, è stato realizzato (1710 circa) dal maestro lapicida Giacomo Benedetti e da suo figlio Cristoforo da Castione, su disegno di Andrea Pozzo. Nella nicchia sopra il tabernacolo è collocata la statua della Madonna delle Grazie, opera quattrocentesca di scultore di scuola veronese. Sulla sommità dell’altare vi è lo stemma dei conti d’Arco; fu infatti il conte Giambattista che finanziò la pregevole opera. Un suo ritratto (olio su tela) si trova nell’atrio della sacrestia, ad est dell’altare principale. Le due porticine ai lati dell’altar maggiore, pregevoli per i loro fregi e recanti anch’essi lo stemma dei d’Arco, portano nel coro.
I due altari laterali presentano tele risalenti alla fine del XVII secolo. Gli affreschi alle pareti e la Via Crucis a graffito sono del pittore veronese Pino Casarini (1938). Le formelle in cotto ed i battenti in bronzo all’ingresso (1962) sono opera di fra Silvio Bottes. Dello stesso frate-scultore è la statua di S. Francesco collocata nell’ampio parcheggio a lato della chiesa.
Sul muro di cinta a sud del piazzale antistante il Santuario sono infisse alcune lapidi; una ricorda la morte di Barbara Martinengo, moglie di Andrea d’Arco, l’altra menziona Paolo d’Arco, fratello di Nicolò. In un angolo dello splendido chiostro quattrocentesco del convento è conservata invece la lapide della tomba di Susanna Collalto, moglie di Odorico d’Arco. Con tutta probabilità le due contesse d’Arco, vissute alla fine del Quattrocento, erano sepolte nell’antica chiesa annessa al convento.